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Natale a Modica a fine luglio

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Natale a Modica a fine luglio

  • Una regola dello scrivere è che la scrittura ti deve spostare un po’ più in là. Più in là da noi stessi. Scrivere è un viaggio. Appunto.

    Scrivere di Modica, adesso, mi fa rifare quel viaggio di fine luglio del 2011.

    Non è vero che non ero partita di buon grado per via del volo spostato, gli imprevisti mi affascinano. Forse c’era dell’altro che avrebbe voluto trattenermi. Ma quel viaggio avevo voluto proprio farlo, probabilmente perché avrebbe significato Natale e ancora non lo sapevo.

    Quando arrivai a Catania, in aeroporto, subito riconobbi una ragazza che sarebbe stata del gruppo. Era agitata perché l’ultima corriera del pomeriggio per Modica stava per partire. Poi ce ne sarebbe stata forse una di sera. Io mi agito per tante cose, ma per le attese mi armo di pazienza, per le imminenze mi do una mossa. Così me la tirai dietro e riuscimmo a prendere al volo quella del pomeriggio. Arrivammo a Modica che l’aperitivo di benvenuto era già iniziato. Mi lasciò senza parole subito l’abbraccio caloroso di Claudia, come di un’altra vita. Andrea mi guardò attendendo un qualcosa che io non feci, poi vi dirò. Giusy mi si avvicinò per dirmi che le chiavi della stanza le aveva già lei. Prima della partenza infatti, avevo inviato una mail ai partecipanti della scuola chiedendo se qualcuno fosse interessato a condividere una stanza per l’alloggio. Giusy aveva accettato la mia proposta e la nostra scelta era caduta su ‘Il melograno’, un bellissimo b&b arrampicato nella gola modicana. Del resto Bufalino ha descritto la città come un melograno spaccato. Monica faceva chiasso con la sua bellezza pari a quella di Lina Sastri. Mauro scherzosamente si rammaricò di non aver accolto l’invito della mia mail. Di Armando e tutti gli altri non ho ricordi di quella sera, ma del giorno dopo a scuola.

    A Modica, per le strade, si trovano maioliche con incise poesie di Quasimodo che lì è nato. Sulla facciata della sua casa si trova la targa che recita Ed è subito sera. Altrove si trovano Forse è un segno vero della vita e Ride la gazza nera sugli aranci. Modica ci accolse come veri scrittori, le nostre lezioni si tenevano nel Palazzo della Cultura. I Modicani tutti sapevano che in quella settimana la loro città era invasa da penne e pennelli. Oltre noi, infatti, c’era anche un gruppo di acquerellisti. La ricordo come qualcosa di veramente bello, girare in città con un taccuino e una penna e sentire l’ammirazione di ognuno. Per cosa non era dato sapere, forse per il semplice fatto che avevamo scelto quella città per scrivere e descrivere. Una mattina ci videro scorrazzare per le strade che era ancora buio in cerca dell’ispirazione.

    Il primo vero ricordo che ho di Armando, mio compagno di viaggio solitario, strano, silenzioso, senza alcuna attitudine al cibo, che ha rievocato questo viaggio, è di un suo breve racconto che faceva così, più o meno. Sul cammino di Santiago, per ore non ho incontrato nessuno. Finalmente in lontananza, in direzione opposta alla mia, vedo un viaggiatore solitario come me, con un cappello di paglia. Quando ci incrociamo, lui dice: Tiempo bonito. Io rispondo: Bonito tiempo. Ecco, questo è Armando per me da allora. È tutto in questo saluto discreto e simmetrico che incorocia perfettamente le anime. Nei giorni a seguire parlammo poco io e Armando, ma quella volta a Sampieri, sulla spiaggia, mi accostai a lui che camminava da solo, senza parlare. Quando andò a sedersi sul muro della vecchia fornace a guardare il mare, dandoci le spalle, chiesi a Mauro di fargli una foto. E quella foto è spettacolare. Quel giorno al mare parlai finalmente con Andrea. Ci avevo messo un po’, eravamo già al quarto giorno. Andrea non era un Andrea qualunque, era Zorro, una leggenda della pallavolo italiana. Non erano stati i suoi due metri e oltre di altezza che mi avevano tenuta a distanza. Era stata solo discrezione. Sulla spiaggia infatti me lo chiese, perché. Io e lui, dopo e ancora adesso, quando ci salutiamo lo facciamo con ‘mio amico demone’, perché il viaggio di ritorno da Modica a Catania lo facemmo nella stessa corriera e lì mi raccontò molte cose. Andrea scrisse un bellissimo racconto sulle ombre, anime volate giù a Modica. In città c’è infatti un ponte davvero alto, mi faceva paura, da cui purtroppo molte anime hanno preso il volo da questa terra.

    Con Mauro, Monica, Claudia e Giusy trovammo subito affinità e, se fossimo restati ancora un po’ assieme, avremmo organizzato la rivoluzione. Per un po’ ci abbiamo provato. Quella pacifica, ghandiana. Mauro poi, c’era stato in quei posti paradisiaci in estremo oriente. Laggiù aveva adottato una bambina meravigliosa. Un suo regalo per me è stato un libro di fotografie sul Myanmar fatte da lui. Claudia sapeva scrivere, ma il suo dono è disegnare, creare, far parlare la carta. Giusy scrisse un racconto singolare prendendo spunto dalle scritte lasciate sulle panchine. Erano le panchine a raccontare come fossero stati personaggi che osservano gli umani. I loro nomi erano le scritte, così Tiamopiùdellamiavita chiacchierava tranquillamente con Abbassoilmilan e Marcoeanna. Qualche anno dopo anche Aldo Busi ha scritto una storia facendo parlare una foglia che cade su una panchina. Forse ha preso spunto da Giusy. Monica, al contrario di Armando, l’attitudine per il cibo l’aveva. E il suo racconto fu culinario. Una sorta di menu. Anche per le parolacce liberatorie aveva attitudine e, assieme a Mauro, Claudia e Giusy, voleva organizzare una scuola per me, perché le imparassi. Di altri ricordo poco, le persone che ho portato nel cuore da quel viaggio, sono quelle citate e quelle che sento ancora.

    In quel Natale di luglio però conobbi anche il mio amico Valerio. In realtà fu la sua voce ad anticipare la nostra amicizia, solo. Mentre ero in strada in cerca della mia preda sensoriale, arrivò una telefonata. Era lui che mi intervistava per Itinerari di Lettura. Il giorno dopo l’intervista era su Repubblica Bologna. Era proprio Natale perché quella copia, a mille chilometri di distanza, qualcuno me la procurò e conservò per me, come regalo. Ce l’ho ancora.

    Sempre in quel Natale ho scoperto d’essere avanguardista per l’uso che faccio di accidenti. Fu Andrea Bocconi, il nostro maestro, a definirmi così.

    Della città, a parte l’accoglienza, non posso non ricordare la cioccolata atzeca, persino io che non sono golosa. O il fatto che sia stata l’unica città dove un McDonald’s ha chiuso dopo pochi mesi. In giro per Modica non solo poesie di Quasimodo, ma anche stampe spontanee di poeti locali. A Modica poi, sono maestri della pietra, si trovano i migliori scalpellini di pietra morbida e di pietra dura. La città è in una gola. La parte antica è dentro la gola, quella recente in alto.

    Della scuola di scrittura ricordo alcune cose o regole preziose, più o meno. Come il fatto che andare in tanti posti non s’ammucchia (Fosco Maraini), ovvero che non serve fare tanti viaggi per fare un viaggio. Che nel raccontare bisogna essere economici, ma specifici. Che un racconto senza un conflitto non funziona. Che i poveri sono i migliori narratori perché ogni notte devono posare l’orecchio al suono. Che per gli scrittori siciliani è difficile scrivere prescindendo dalla loro sicilianità o, come la chiamava Bufalino, isolitudine. Che ogni posto può restituirti un luogo dell’anima. Che quando cominci a scrivere qualcosa è già cominciato tutto. Che l’evento storico, a meno di non voler fare ricerca e documentazione, c’è già stato e non c’è bisogno di ampliarlo in un racconto. Che l’evento cui partecipiamo è quello davvero più importante. Che nell’incertezza tra due aggettivi è meglio usare un sostantivo. Che un cane abbaia sempre nella notte quando occorre una pausa.

    Ora le mie cagnoline non abbaiano, ma mi fermo perché sono riuscita a risentire quanto sono stata felice in quel viaggio dove non vedevo l’ora di tornare.

    – via Social4Web – http://www.social4web.com/blogs – Blog View – Natale a Modica a fine luglio.


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